19 Novembre 2002
Rockol.it :: Esce una raccolta di canzoni d'amore, e il marchio '883' sta per essere abbandonato. Ecco perché...
Esce in questi giorni,
'Love/Life', raccolta delle canzoni d’amore degli 883 e di Max Pezzali. L’album
comprende gli inediti 'Ci sono anch’io', singolo realizzato per la colonna
sonora del nuovo film Disney 'Il pianeta del tesoro', e 'Quello che capita',
brano che anticipa alcune grosse novità che vedremo prossimamente in casa
Pezzali.
Il nuovo best, infatti, festegga i 10 anni di carriera dalla band. Ovvero un
punto di arrivo e uno di partenza: Max sta infatti per compiere un grande passo
artistico e professionale, abbandonando il marchio 883; già questa raccolta
esce a doppio nome, Max Pezzali e 883.
Il cantante di 'Hanno ucciso l’uomo ragno', ex 'Peter Pan' di Pavia, si
racconta a Rockol, e parla dell’esperienza Disney, dei cambiamenti e dei suoi
futuri progetti da solista…
Allora Max, pubblichi una raccolta degli 883 dedicata alle canzoni d’amore
del gruppo; a cosa dobbiamo il piacere?
Beh, le ragioni alla base del nuovo best sono almeno due. La prima, quella
artistica, è l’intenzione di valorizzare un filone degli 883, quello dei
lenti e delle canzoni d’amore, forse meno noto al grande pubblico: c’è una
parte del nostro lavoro, quello relativo alle riflessioni più margine dell’esistenza,
che il pubblico composto dai non fan degli 883, più abituato ai singoli estivi
e alle hit commerciali del gruppo, conosce poco.
La raccolta è stata pensata per porre l’accento su questo aspetto più
meditativo della mia scrittura, e soprattutto per preparare così la strada al
prossimo futuro, in cui mi presenterò in veste 'cantautoriale': non più come
883, ma come 'Max Pezzali', con il mio volto, il mio nome e basta. Il best è un
modo per favorire la transizione e per aiutare a 'traghettare' il mio nome in
una direzione nuova.
A questa motivazione, una sorta di compromesso con la casa discografica per lo
'sviluppo sostenibile' della mia carriera, si è aggiunta la realizzazione del
singolo disneyano 'Ci sono anch’io', tratto dalla canzone originale composta
per il film di Johnny Rzeznik dei Goo Goo Dolls. E’ un pezzo rock che mi è
piaciuto da subito: è il brano di un film Disney, ma è diverso dal solito:
meno 'buonista' e meno 'polpettone di buoni sentimenti', in cui si distingue
nettamente la mano del gruppo americano. Una direzione, quella del rock di
classe, che mi piacerebbe prendere in un futuro prossimo.
Ti hanno fatto vedere il film? Com’è stato lavorare con la Disney? Si dice
che siano molto rigidi e intransigenti…
Lavorare con loro è stato pazzesco per certi versi, ma comunque bello. Prima di
iniziare a scrivere, mi hanno fatto vedere il film, in inglese; come avevo
intuito già dalla musica e dalla canzone di Rzeznik, mi sono trovato di fronte
ad una storia diversa dalle solite della Disney.
Innanzitutto perché è una rivisitazione del romanzo di Stevenson 'l’Isola
del tesoro', che benché sia molto fedele al testo originale nei personaggi e
nella storia, è ambientata nello spazio: quindi le navi sono navi spaziali, il
porto, un pianeta. E poi perché in questo film della Disney, manca una storia d’amore
e il protagonista è un adolescente che cresce inseguendo il proprio sogno: il
mito di un’isola, ricca di tesori nascosti, che per molti non è altro che una
leggenda raccontata dai marinai, ma in cui lui crede fermamente. E’ una storia
di crescita: il protagonista partirà e diventerà grande, viaggiando alla
ricerca del mitico tesoro, salvo poi scoprire, quando tornerà a casa, che la
vera ricchezza sta proprio nel ritorno a casa, negli affetti.
La canzone, poi, non si trova all’inizio o alla fine del film, ma è
esattamente alla metà e coincide con un momento importante e centrale: quello
in cui il ragazzino racconta la sua infanzia, i sui sogni. Questo ha fatto in
modo che io non potessi assolutamente interpretare troppo liberamente il testo
per non uscire dai tempi che mi avevano dato. Inoltre, alla Disney qualsiasi
testo di canzone in lingua diversa dall’inglese viene ritradotto da un
traduttore ufficiale ed esaminato prima di essere approvato. Deve risultare
coerente con la filosofia Disney.
In prospettiva, come ti immagini la tua carriera da solista? Ti spaventa?
No, non mi spaventa e credo che per me sia arrivato il momento di fare questo
passo. Ho sempre pensato che in quello che facevo ci fossero due anime: quella
-tipica degli 883 - dell’osservazione e del racconto del microcosmo che mi
circonda; e quella più riflessiva, un’anima che faceva nascere delle canzoni
più introspettive; una dimensione che sentivo mia più che del gruppo, anche se
le canzoni venivano comunque proposte come 883.
E’ cosi che va la vita: si cresce, si cambiano i giri, gli amici. Oggi sento
di avere esaurito un universo, e sento di l’esigenza di guardarmi dentro.
Avverto l’esigenza di cambiare, di staccarmi dal mio metro quadrato
'provinciale' e di capire che cosa ci sia intorno. 'Quello che capita', l’altro
inedito della raccolta, per esempio, è figlio di questa nuovo atteggiamento
artistico ed è nato su una piccola tastiera portatile durante un 'coast to
coast' da Los Angeles a New York,. Ed è così che mi piacerebbe lavorare da qui
in avanti: prendere appunti sonori e di testo, in giro e in posti diversi, senza
essere vincolato a Pavia e al mio ambiente.
Gli 883 sono sempre stati percepiti come un gruppo per giovani, che si
rivolgeva ad un pubblico sotto i trenta. Pensi che in qualche modo questo ti
abbia condizionato e portato a scrivere in questi ultimi anni cose 'molto 883',
quando invece magari avresti già avuto voglia di fare altro?
Quando hai la responsabilità di un marchio e di un immaginario che da una parte
è si il tuo, ma che hai contribuito in prima persona a creare e alimentare, ti
viene spontaneo continuare attingere da esso e raccontarlo nelle canzoni, senza
che ti sia nemmeno mai posto il problema o ti sia chiesto: 'Ma ho ancora voglia
di raccontare questo mondo qua?'.
Anche per questo credo che sia giunto il momento di scindere Max Pezzali dagli
883. E credo che questa raccolta, che coincide con i dieci anni di album, arrivi
nel momento giusto: con essa ho modo di chiudere una fase della mia vita. Sarà
una sorta di piccola compilation che porterò con me nel nuovo viaggio.
E’ normale, credo, che ad un certo punto si provi il desiderio di fare cose ed
esperienze diverse; e di lasciare il racconto della vita dei giovani e dei suoi
scenari a chi li vive ancora in prima persona, e non come ormai faccio io, da
osservatore esterno e come ricordo.
La tua caratteristica compositiva e
interpretativa è stata fin dall’inizio la maniera, del tutto singolare, di
chiudere alcuni versi, alcune strofe con la sillaba muta, la sillaba in più che
in genere non si canta. Secondo te come mai nessuno, almeno non visibilmente, ha
fatto sua questa modalità?
Io ho sempre cercato di piegare il più possibile la tecnica a quello che volevo
raccontare. Nel senso che, per me, la parte più divertente e difficile del fare
una canzone rimane il testo. E quando hai il piacere della parola, è
inevitabile andare a cadere lì: nel piegare una sillaba di una parola che non
ci sta, spostare l’accento per aggiustarla e farcela stare. Io mi aiuto anche
con l’interpretazione, spostando l’accento un po’ come succede nel
giapponese dove tutte le sillabe ne hanno uno! Di conseguenza l’accento
percepito è diverso da quello vero. Ed io mi sono sempre divertito molto
facendo così… E’ un po’ quello che succede nell’hip hop, che insegna a
giocare con la lingua. Per esempio, alle volte ascolto Eminem, un maestro in
questo… Ascolto le sue rime, i suoi accenti, gli spostamenti, e penso che
sarebbe bello se ci fosse un artista italiano di livello capace di fare
altrettanto bene con la lingua italiana…Noi abbiamo DJ Ax e altri che sono
bravi, ma forse è più difficile con l’italiano…
Pensi che cambierai qualcosa anche nel tuo staff produttivo nella nuova fase?
Scriverai di argomenti diversi?
No, il nostro è un team che è cresciuto insieme e ognuno di noi oggi ha più
chiaro il suo ruolo; cambierà qualcosa nei modi di produzione: vorrei che fosse
chiaro fin dall’inizio la direzione da prendere prima d’iniziare a lavorare
in studio, più chiara e univoca.
Non credo poi che cambierò i miei temi o lo stile, alle volte già solo il
fatto di cambiare macchina ti fa vedere la stessa strada in maniera diversa. Ti
da un entusiasmo rinnovato, più energia. E alle volte basta, cambiare lo
strumento interpretativo per trovare nuovo slancio e vitalità.
Ti senti più grande rispetto al passato? Ti è passata al sindrome di 'Peter
Pan'?
Da un certo punto di vista si: mi spaventano meno le responsabilità, mi sento
più sicuro di me e più tranquillo. So che nessuno è nato 'imparato' e che le
cose importanti come il farsi una famiglia o avere figli si fanno passo per
passo, mano a mano che vengono. Dall’altro lato, vedendo quello che è
successo negli ultimi tempi,, mi è venuta una paura o una consapevolezza nuova:
quella di non riuscire a capire nulla di dove va il mondo e di che cosa succede.
Sono cambiati anche i miei punti di riferimento, i miei interessi: adesso al bar
di Pavia, quello in cui ci ritrovavamo di solito, è subentrato il
concessionario di moto che ho aperto con i miei amici. Oggi, fra i nostri
divertimenti principali, c’è quello di trovare un posto nuovo dove andare a
mangiare… Una cosa che per un tempo era impensabile
Credo, inoltre, che anche i tempi veloci della città rispetto a quelli della
provincia abbiano finito con l’accrescere il divario fra i due mondi. In
provincia il tempo è rallentato, si vive ancora come se si avesse 'la prima
ingranata', mentre, al di fuori, il mondo metropolitano ha già 'messo la sesta'…
Ora, io non so cosa sia meglio fra i due opposti, io sono un 'provinciale' che
ha imparato ad adattarsi ma alle volte questa frenesia mi fa impazzire!
A quando allora il nuovo disco di Max Pezzali?
Per la fine del 2003 e gli inizi del 2004!
[Federica Galimberti/Franco Zanetti]